In Italia l’80% dello spazio stradale è ancora occupato dalle auto per la circolazione e la sosta, mentre solo una piccola parte è riservata alle biciclette. Secondo i dati Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), il Paese si colloca al quartultimo posto in Europa per infrastrutture ciclabili in sede propria: meno del 10% delle strade principali dispone di percorsi ciclabili separati, contro l’80% dei Paesi Bassi.

La quota di popolazione che utilizza la bici quotidianamente si ferma appena al 4% (Nord 6,1%, Centro 3%, Sud e Isole 1,8%), con poche ma significative eccellenze: Bolzano (28%), Pesaro (28%), Ferrara (27%), Treviso (25%), Reggio Emilia (23%) e Ravenna (22%).

Dal 2020 il settore ha beneficiato di 315 milioni di euro di incentivi e di norme semplificate per la realizzazione delle ciclabili, culminate nel Piano generale della mobilità ciclistica del 2022. Tuttavia, osserva Massimo Gaspardo Moro (Fiab), “è mancata una regia nazionale: le città più virtuose hanno accelerato, le altre sono rimaste indietro”.

Tra i modelli di riferimento europei resta Utrecht, dove le ciclabili sono larghe, bidirezionali e separate dal traffico, con una rete connessa anche all’extraurbano. In Italia, il progetto “Comuni Ciclabili” di Fiab premia ogni anno le città più virtuose con i “bike smile”. A guidare la classifica 2025 sono la Città metropolitana di Bologna (con Ferrara, Cesena, Reggio Emilia, Ravenna, Rimini), Bolzano e Pesaro.

Il responsabile del progetto, Alessandro Tursi, evidenzia che la vera sfida è “culturale: costruire infrastrutture è importante, ma occorre anche saper comunicare e coinvolgere i cittadini”. Pesaro, ad esempio, ha lanciato la “Bicipolitana”, un sistema di percorsi numerati e mappati come una metropolitana. Mantova, invece, primeggia per metri di ciclabile per abitante, seguita da Ferrara e Modena.

La qualità delle infrastrutture resta però la chiave della sicurezza: corsie protette, zone 30, ZTL, aree pedonali e servizi come Pedibus e Bicibus. Fiab promuove da anni la trasformazione delle città in “Città 30”, un modello già adottato in molte capitali europee. “Ridurre la velocità – spiega Luca Polverini, vicepresidente Fiab – significa strade più sicure e una mobilità attiva più equa e diffusa. Ma anche la manutenzione e i parcheggi protetti sono parte della sicurezza”.

Esempi positivi arrivano da Firenze e Milano, che stanno investendo in bike parking sicuri, e da Bologna, dove l’introduzione del limite a 30 km/h ha portato a un +10% di passaggi ciclistici in un anno.

Infine, la spinta della mobilità dolce ha anche un forte impatto economico. Il cicloturismo, con una rete nazionale di 10 ciclovie per 6.000 km, ha registrato nel 2024 89 milioni di presenze (+54% rispetto al 2023), generando un indotto di 9,8 miliardi di euro.

In sintesi, l’Italia pedala, ma a due velocità: mentre alcune città diventano laboratori di ciclabilità integrata, gran parte del Paese resta ancora indietro, frenata da carenze infrastrutturali e da una cultura della mobilità troppo legata all’auto.

fonte: Corriere.it