Il futuro dell’Italia è in bici, tram e bus, non nelle auto a diesel e benzina

Giugno 10, 2022

Continuano ad essere giorni difficili. Ci svegliamo ogni mattina con la guerra alle porte d’Europa, e non è un bel risveglio.

Come se non bastassero le immagini strazianti dei morti e feriti, e di intere città ucraine trasformate in detriti, ci accorgiamo che per muoverci, scaldare le nostre case e tenere accesa la luce dobbiamo fare affidamento alla buona volontà di Mosca.

Nelle stanze dei bottoni e sui media italiani c’è chi da mesi gioca a Risiko e parla di gas patriottico, e diversificazione delle fonti (sempre fossili!) di energia. “Costruite più terminal per l’importazione di gas liquefatto, più rigassificatori, più trivelle!” dicono i dinosauri fossili nostrani, mentre il presidente del Consiglio Draghi fa shopping di gas dai governi di Algeria, Congo e Angola: non esattamente modelli di democrazia.

Chi di energia se ne intende, invece, sa già che per ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio, ci sono solo due cose da fare:

  1. Installare più energia rinnovabile possibile ed elettrificare tutto quello che può essere elettrificato.Ci sono oltre 200GW di impianti eolici e solari bloccati da iter autorizzativi farraginosi e contraddittori. Basterebbero da soli a completare la transizione energetica dell’Italia. Secondo le aziende italiane che le rinnovabili le costruiscono e le installano, se ne possono attivare almeno 60GW in tre anni.
    Nel frattempo possiamo eliminare l’uso di gas per il riscaldamento e la cucina, sostituendo le caldaie a gas con pompe di calore elettriche e i fornelli a gas con piani cottura a induzione. Se solo avessimo un programma di incentivi per la ristrutturazione di case e condomini in cui includere l’obbligo di sostituzione… 😒
  2. Ridurre la domanda totale di energia, soprattutto di derivati del petrolio: diesel, benzina, gpl.L’Italia importa circa il 40% del proprio gas dalla Russia, ma è in realtà il petrolio a generare il grosso dei ricavi dalla vendita di energia (e di royalties che vanno a finanziare il governo di Putin e le sue forze armate): di quello ne importiamo oltre il 95%.
    L’Italia paga alla Russia quasi 6 milioni di € al giorno solo per il petrolio usato per il trasporto su strada, che fanno oltre 2,1 miliardi di € l’anno (dati 2021). A livello europeo circa il 50% del petrolio che usiamo serve per il trasporto su strada. Se eliminassimo tutti i veicoli endotermici domani mattina (auto, camion, veicoli commerciali, motorini), dimezzeremmo le importazioni e l’uso di petrolio, quindi.
    Ad ogni pieno di benzina stiamo finanziando l’invasione dell’Ucraina (ma anche l’uccisione di centinaia di ambientalisti e difensori della terra e la corruzione del nostro sistema politico). Mentre molti di noi il termostato lo tengono già a 18°C o meno perché l’energia costa, pochi hanno voluto o potuto lasciare a casa l’auto per spostarsi a piedi, in bici, con i mezzi pubblici o servizi di sharing mobility.

 


 

E invece… visti i prezzi alla pompa che sfiorano i due euro al litro, l’Italia impegna fino a 2,7 miliardi di euro in riduzione delle accise (che contano per quasi il 60% del costo finale alla pompa). Secondo una nostra recente analisi, i 16 milioni di € impegnati dai governi europei finora, se usati per sostenere mobilità attiva e condivisa, avrebbero dato un taglio sostanziale alle importazioni di petrolio dalla Russia.

Nella sola Italia si poteva scegliere di pagare un abbonamento al trasporto pubblico a tutti i lavoratori pendolari italiani per tre mesi, per esempio.

Costo della benzina in Italia

Inoltre, il governo italiano ha appena approvato un nuovo programma di ecobonus per l’acquisto di auto: con quasi due miliardi di euro in tre anni si finanzierà l’acquisto di fino a 600mila auto nuove. Quasi 400 milioni sono riservati all’acquisto di auto a diesel e benzina, unicum in tutta Europa. Tutto questo mentre il grande gruppo italo-franco-americano dell’auto, Stellantis, distribuisce 3,3 miliardi di euro di dividendi agli azionisti. Non proprio un settore sul lastrico…

Noi pensiamo che serva tutt’altro, e lo abbiamo già scritto insieme a decine di associazioni e movimenti per la mobilità attiva e sostenibile.

Per questo nelle scorse settimane abbiamo lanciato la tempesta social #2miliardi: con queste risorse pubbliche possiamo imprimere un’accelerazione sostanziale alla necessaria transizione verso una mobilità a zero emissioni nelle nostre città.

1 tempesta social #2miliardi 2 tempesta social #2miliardi

3 tempesta social #2miliardi 4 tempesta social #2miliardi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Soprattutto, invece di perpetuare un modello socio-economico basato sulla centralità dell’auto e la dipendenza dai combustibili fossili, possiamo iniziare ad attrezzarci sul serio per la transizione ecologica ed energetica. Le battaglie di retroguardia per salvaguardare i pochi posti di lavoro sopravvissuti a decenni di delocalizzazioni e de-industrializzazione non otterranno altro che posticipare la necessità di operare una scelta di campo e quasi certamente condannare l’Italia a una perpetua dipendenza tecnologica dal resto del mondo.

Mentre Roberto Cingolani (il ministro dell’Ambiente, ora ribattezzato della Transizione Ecologica, più sciagurato della storia italiana recente) lamenta la primazia cinese nel campo delle batterie, non pare aver profuso lo stesso impegno nell’accelerare lo sviluppo di industrie innovative in Italia. In tutta Europa si pianificano mega-stabilimenti per la produzione di batterie. In Italia restiamo al palo.

E perché non cercare di creare nuovi posti di lavoro in Italia accelerando la conversione produttiva del settore automotive non solo verso le EV, ma anche gli autobus elettrici, ad esempio? Quanti posti di lavoro creerebbe una domanda fissa di 5mila autobus elettrici ogni anno, cioè cinque volte il volume massimo storicamente prodotto dallo stabilimento Irisbus di Valle Ufita?

European gigafactories

 


 

Questa settimana il Parlamento europeo, durante una sessione caotica, ha confermato l’indirizzo della Commissione Europea per il pacchetto #FitFor55, per quanto riguarda la data di phase-out totale delle auto con motore a combustione interna.

A partire dal 2035 tutte le auto nuove vendute nell’Unione Europea dovranno essere a zero emissioni, il che significa, di fatto, elettriche.

Si è trattato di un compromesso, passato per il rotto della cuffia, e per il quale organizzazioni come Transport & Environment hanno lavorato pubblicamente e dietro le quinte per anni.

Giustamente per molti il 2035 non è sufficiente. Tredici anni, un’eternità nel mezzo della crisi climatica.

 

La buona notizia è che per una volta l’industria automobilistica sembra essere più avanti della politica. Molti tra i principali produttori di auto (inclusa Stellantis) si sono impegnati a produrre solo auto elettriche a partire dal 2030. Secondo stime di Transport&Environment e BloombergNEF, si raggiungerà la parità di costo già nel 2026.

EVs will be cheaper by 2025-2027

Insomma, sembra che il 2022 sarà l’anno del picco delle auto a combustione interna.

 

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