Architetto Francesco Pasquale, in attesa di una diagnosi certa e sicura sullo stato di salute della Garisenda, in piazza di Porta Ravegnana il traffico veicolare è vietato, ma a metà dato che i bus di Tper continuano a passare accanto all’Asinelli e a soli 25 metri dalla torre pendente. Non è esclusa una proroga e neppure, in futuro, una chiusura totale del verticale e medievale spartitraffico: cosa significherebbe per Bologna?
«La nostra è una città fortemente centripeta, ci troveremmo di fronte a una rivoluzione copernicana. Direi pari all’abbattimento delle mura all’inizio del secolo scorso che di fatto permise un accesso facilitato al centro storico ai veicoli dell’epoca e a quelli successivi, anche di grandi dimensioni».

Una rivoluzione intesa come opportunità?
«Sì, opportunità per applicare nuovi modelli di mobilità in grado di garantire il diritto all’accesso per tutti, a partire dai disabili fino agli anziani e ai ‘non confident driver’. Vietare i mezzi pesanti non significherebbe comunque escludere una mobilità leggera».

Una situazione particolarmente stimolante per i professionisti come lei impegnati su questo fronte anche in sede didattica, all’Università.
«Decisamente. Siamo sempre concentrati nel risolvere i problemi dell’ultimo miglio, quello della consegna delle merci e della circolazione delle persone. Nel caso sarebbe un campo di sperimentazione nuovo e non ci sono soluzioni alla carta, ma in aiuto c’è la tecnologia».

La soluzione si potrebbe trovare lì.
«Creando nuovi servizi alla mobilità. Ai miei studenti dico sempre che la mobilità del futuro più che elettrica sarà eclettica. Non un solo mezzo di trasporto, ma tanti a seconda delle esigenze con diversi livelli di accesso su diversi livelli».

In ogni caso, se per salvaguardare le Due Torri non dovessero passare più autobus lì sotto Tper dovrebbe rivedere tutto l’impianto della sua rete.
«Un bel rebus, assai impegnativo (già col Cantierone si presentò in parte questo problema ndr). In questo caso però l’azienda non dovrebbe essere lasciata sola: sarebbe fondamentale il supporto creativo e tecnico da parte di altri fornitori di servizi. Guai a lavorare in compartimenti stagni. Tenere in mano la complessità di un sistema largo è difficilissimo, serve un lavoro congiunto».

Quale sarebbe il principio base da applicare?
«La creazione di un sistema multimodale. A Bologna c’è lo spazio per creare degli hotspot per fare switch ovvero scambio».

I cittadini sono abituati ad arrivare direttamente in piazza. E la popolazione è sempre più âgée, legata alle proprie abitudini.
«È vero, ma è anche vero che sono tanti quelli che ad esempio non hanno rifiutato il mondo digitale, quindi disponibili a guardare avanti e non al passato. E poi ci sono tanti user city come gli studenti».

Lo stato di necessità raffredderebbe i malumori di una rivoluzione che li obbligherebbe a camminare un po’ di più, a rivedere gli attuali paradigmi di mobilità.
«La sensibilità è cambiata molto in questi decenni. 60 anni fa si parcheggiava l’auto in piazza Maggiore. Ora è più bella e più fruibile. Stessa cosa potrebbe accadere a Piazza di Porta Ravegnana con conseguente rivalutazione di un luogo simbolo della città e anche la riorganizzazione delle aree circostanti».

Stiamo sempre ragionando sull’ipotesi più estrema, quella auspicata da anni da Italia Nostra.
«La mia sensazione, leggendo la cronaca, è che il Comune sarà però costretto a tenere chiusa temporaneamente quell’area. Ecco che un periodo di prova, purché significativo, per progettare e approntare una nuova mobilità cittadina non farebbe male, ci darebbe una bella ‘svegliata’. In questo caso mi piacerebbe che anche il nostro ordine degli architetti (dove Pasquale ha la delega all’ambiente e alle infrastrutture, ndr) potesse dare il proprio contributo».

Intanto c’è da affrontare il progetto città 30 km/h.

«Opportunamente calibrato sono favorevole, ma deve essere accompagnato da interventi infrastrutturali che aiutino il processo».

Fonte: Corriere di Bologna