A Napoli si contano 2.643 colonnine. Dati migliori li fanno registrare solo Roma (3.573 punti di ricarica) e Milano (2.704). A seguire Torino, Venezia, Brescia e Bologna (fonte Motus-E, dati aggiornati al 30 settembre 2023). A livello regionale, svetta la Lombardia con 8.094 punti di ricarica che quasi doppia le altre realtà più virtuose, in ordine: Piemonte (4.713), Veneto (4.564) e Lazio (4.558). A seguire Emilia Romagna e Campania.

Dal monitoraggio trimestrale di Motus-E, emerge che al 30 settembre 2023 sono presenti nella Penisola 47.228 punti di ricarica a uso pubblico, con un incremento del 44,1 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

“Al Nord si trovano parecchie infrastrutture di ricarica in più, specialmente a bassa potenza, ma anche al Sud si sta crescendo piuttosto velocemente, anche sull’alta potenza con punti di ricarica più veloci dai 50 kW in su – spiega all’Adnkronos il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso – Come distribuzione, il 23 per cento dei punti totali sono nel Sud Italia e isole, il 56 per cento al Nord, il Centro Italia è al 21 per cento. Il Sud sta avendo una crescita di infrastrutture di ricarica soprattutto nelle città più grandi mentre sulle autostrade è meno coperto”.

“E’ molto importante uniformare le regole tra i vari comuni per installare infrastrutture di ricarica in ambito urbano, anche quelle a più bassa potenza, perché le ricariche avvengono anche quando mi fermo a fare un’altra cosa, oppure sosto di notte vicino casa; in quel caso non servono ricariche ad alta potenza, anche perché hanno un costo maggiore di installazione e di realizzazione e hanno anche un peso maggiore sulle reti elettriche della nostra città – prosegue – Bisogna realizzare un giusto mix tra la ricarica più lenta, che è comunque utile, e quella a più alta potenza. Questo è un concetto che va molto sottolineato: non dobbiamo installare solo punti di ricarica che ci fanno ricaricare in un quarto d’ora fino all’80 per cento della nostra batteria, servono punti di ricarica in maggior numero anche a bassa potenza”.

Oggi, però, ricorda infine Naso, “il parco circolante in Italia purtroppo è basso rispetto al potenziale che il mercato italiano potrebbe esprimere, noi abbiamo ancora poco più di 200mila veicoli elettrici puri circolanti in Italia”. Eppure, rimarca, la via per la transizione nel trasporto privato passa proprio per l’elettrico. “E’ difficile pensare di riuscire a decarbonizzare in altro modo. Per esempio, i biocombustibili sono importanti ma bisogna produrli in grande quantità e devono essere utilizzati anche per decarbonizzare altri mezzi che non è semplice elettrificare: navi, aerei e anche il parco circolante dei mezzi pesanti, parliamo di centinaia di migliaia se non di milioni di veicoli in Europa. Porsi l’obiettivo di mettere i biocombustibili anche nelle nuove auto, secondo me, è semplicemente poco saggio. Inoltre, ci sono una serie di applicazioni che hanno molto più senso, compreso anche il fatto di decarbonizzare una parte del circolante che continuerà a essere endotermico anche dopo il 2035, parliamo di decine di milioni di veicoli in Europa che continueranno a girare anche fino al 2050. Quindi non ha molto senso mettere in contrapposizione e in competizione la tecnologia elettrica sui mezzi privati con, per esempio, i biocombustibili o con gli efuel”, conclude.

fonte: Napoli Today