Napoli è l’ultima città italiana, tra le principali 50, per chilometri di pista ciclabile. Un dato indicativo in tempi in cui la transizione ecologica è una delle parole chiave. Dato che si va ad aggiungere al ritardo che il capoluogo partenopeo ha accumulato anche rispetto alla mobilità in sharing (bike, car e monopattini).

La notizia degli ultimi giorni è che Scampia sta per avere la sua pista ciclabile. La giunta del sindaco Gaetano Manfredi è in questi giorni entrata nei dettagli del progetto definitivo, per un percorso – da realizzare con investimenti per 6,5 milioni di euro – che si snoderà anche per i quartieri di Piscinola e Miano. Sono 14 i milioni di euro destinati a realizzare almeno 35 km di nuove piste ciclabili in città, il tutto entro il 2026: una “sfida”, quella che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) pone agli amministratori napoletani, impegnativa, soprattutto se si considera che in piena transizione green a Napoli il rapporto metri di pista ciclabile su abitanti è andato nel 2023 sorprendentemente in calo, dello 0,4%. Eppure, c’è qualcosa che non torna.

Il progetto della pista di Scampia

La sensazione della cittadinanza, oltre che di ambientalisti e cicloamatori, è che questo tipo di mobilità a Napoli non sia mai stata considerata dagli amministratori una via da percorrere con troppa convinzione

Mentre monopattini e bici elettriche a noleggio sono una realtà diffusa, da anni, in tutte le grandi città italiane ed europee, a Napoli le aziende leader del settore sembrano non avere alcun investimento in programma, e le stesse istituzioni cittadine e regionali non si sono mai occupate in modo risolutivo di questa mancanza.

Bike-sharing

Partiamo con il bike sharing. Nel 2012, quando a Milano il servizio era già in funzione da quattro anni, l’associazione Cleanap vinse un bando europeo da 2 milioni di euro per un progetto sperimentale che coinvolse il centro cittadino. Nel biennio 2014/15 Bike sharing Napoli sembrò funzionare, poi il finanziamento ebbe fine e le promesse del Comune di Napoli di assorbire la start-up attraverso Anm (Azienda napoletana mobilità) non vennero mantenute. Del progetto non se ne fece più nulla: le bici finirono in un magazzino all’interno del parcheggio Brin e in città restarono, a lungo, soltanto gli stalli abbandonati.

Il secondo fallimentare tentativo lo si deve a Napoli’n Bike, che con la collaborazione di diverse aziende, tra cui Q8, nel 2021 inaugurò un servizio con poche decine di biciclette e stazioni su via Parthenope, piazza Municipio e piazza Bovio. Dopo pochi mesi, le bici a pedalata assistita sono scomparse, lasciando anche in questo caso soltanto gli stalli a futura memoria.

Diverso fin qui il destino del servizio proposto da Lime, leader mondiale nel bike sharing. Sono 500 le bici elettriche di colore rosso che si aggirano per la città oramai dal 2021. Una flotta comunque inadeguata se si confronta con servizi analoghi in altre città: basti pensare che a Milano i mezzi a disposizione sono 22mila (dati del Comune).

I costi? Anche in questo caso Napoli è messa peggio che le altre città. Per noleggiare una e-bike nel capoluogo partenopeo si paga 1 euro per lo sblocco e 27 centesimi al minuto. Vuol dire che un tratto di 10 minuti (Garibaldi-Municipio) costa 3,70 euro e uno di 15 minuti (Garibaldi-Castel dell’Ovo) poco più di 5 euro. Con 6,99 euro ci si garantisce l’abbonamento per 60 minuti da consumare in 3 giorni, con 19,99 euro quello da 200 minuti da consumare in 7 giorni, infine con 29,99 euro l’abbonamento da 300 minuti da consumare in 30 giorni. A Milano – per restare nell’esempio di cui sopra – le compagnie sono tre, una delle quali di proprietà comunale, Bikemi, che propone abbonamenti giornalieri a 4,50 euro, settimanali a 9 euro e annuale a 36 euro. Si pedala per un anno a pochi euro in più rispetto a quanto costerebbe farlo per un mese a Napoli.

Monopattini in sharing

Analoga la situazione se si analizza la diffusione dei monopattini in sharing. A Napoli operavano due società, Helbiz e Reby, anche con un certo successo, nonostante le tariffe fuori abbonamento fossero piuttosto esose. Nel 2023 le loro licenze non sono state rinnovate – secondo il Comune perché non avevano interesse a proseguire – e di punto in bianco i loro mezzi sono scomparsi dalla città.

Il nuovo bando dell’amministrazione ha visto alla fine concedere la licenza a tre nuovi operatori, cioè Voi technology Italia, Bit mobility e Bird rides Italy, ciascuno dei quali avrebbe dovuto, a partire dal gennaio di quest’anno, mettere a terra 700 mezzi. Difficoltà non meglio identificate hanno rallentato l’iter, e a tutto maggio il servizio non era partito, questo mentre il contratto dovrebbe scadere comunque alla fine del 2025, quando si comincerà punto e a capo con l’assegnazione delle licenze da parte dell’amministrazione.

Soltanto sabato primo giugno è partita Bit mobility con 350 monopattini, ai quali se ne dovrebbero presto aggiungere altrettanti. L’azienda veronese, presente in altre città italiane, copre le 10 municipalità cittadine evidenziando già in app diverse zone interdette (ad esempio gli ingressi della Tangenziale) e altre zone a velocità ridotta da remoto (ad esempio piazza del Plebiscito) a 6 km l’ora.

Poche piste ciclabili e troppe bike lane

La possibilità che sia proprio la scarsa presenza di piste ciclabili a rendere lo sharing così poco funzionale in città è concreta. I biker al momento hanno uno spazio loro dedicato solo a Fuorigrotta e lungo un tratto di via Marina, in direzione San Giovanni a Teduccio. In tutto il centro, invece, sia l’amministrazione de Magistris che quella Manfredi hanno optato per delle linee bianche sulla carreggiata destinata alle auto. Il risultato non è dei migliori, con gli spazi che dovrebbero essere destinatati alle biciclette spesso e volentieri occupati da auto in sosta vietata.

Come accade puntualmente lungo la bike lane di corso Umberto, fondamentale arteria stradale cittadina che nei programmi avrebbe dovuto ospitare una pista ciclabile con cordolo. Un progetto mai realizzato a proposito del quale l’associazione Napoli Pedala ha inviato un esposto al prefetto di Napoli: l’associazione denuncia infatti che “due differenti finanziamenti a favore del Comune di Napoli di circa 1 milione di euro del collegato ambientale e di circa 1,1 milioni di euro per la realizzazione di ciclovie di collegamento università/stazioni non si sa che fine abbiano fatto”.

Del resto l’assessore alla Mobilità, Edoardo Cosenza, ai nostri microfoni, a proposito di una ciclabile vera su corso Umberto, ha tagliato corto: “Una ciclabile protetta avrebbe bisogno 2,5 metri di larghezza più un altro mezzo metro di spartitraffico, e tre metri sono una corsia di auto. Se su quella strada togliessimo una corsia alle auto creeremmo soltanto ingorghi, non sarebbe per niente un provvedimento green. Bisogna attendere che i cittadini utilizzino di più i mezzi pubblici”. Intanto meglio farne su strade ampie: “Abbiamo approvato 35 km di ciclabili a Est, Ovest e Nord, in strade dove chiedere di costruirne non è demagogico”.

 

Bici vietate sui mezzi pubblici

Che il quadro sia davvero destinato a cambiare gSecondo Luca Simeone, presidente di Napoli pedala, purtroppo no. Anzi: “Le nuove progettazioni sono assolutamente inutili, se non peggiorative rispetto allo stato attuale”, ci spiega. Se il progetto della ciclabile di Scampia ha già in sé delle criticità (“È un progetto vecchio ripreso per il Pnrr, sarà stretta e non in sede protetta, eppure a Scampia ci sarebbe spazio”), il problema per Simeone è il quadro generale. “Tutti i manuali di ciclabilità del mondo vogliono che una rete di piste ciclabili venga allargata e interconnessa – va avanti -. A Napoli invece stiamo creando tratti ciclabili isolati l’uno dall’altro. Ci sarà quello di Scampia, poi c’è il progetto per un altra ciclabile a Napoli Est. Due aree separate e lontane tra loro oltre che dai percorsi già esistenti. Allargando la rete si darebbe la possibilità ai ciclisti di raggiungere sempre più destinazioni e di allungare il loro percorso, ma questo non si sta facendo”. Manca una visione d’insieme anche perché “tutti questi progetti – aggiunge ancora il presidente di Napoli pedala – sono stati partoriti nel silenzio, senza alcun confronto con chi da anni si occupa di ciclabilità sul territorio”.

E manca anche la concezione che la bici sia un vero e proprio mezzo di trasporto. In una visione intermodale del muoversi in città sarebbe auspicabile poter salire sui mezzi pubblici con una bicicletta, invece le aziende (pubbliche) che li gestiscono non sembrano troppo propense: sulla linea 1 di Anm “il trasporto delle bici è consentito esclusivamente dal lunedì al venerdì dalle 6.00 fino alle 7.00 e dalle ore 20.00 a fine servizio. Il sabato e la domenica tutta la giornata”; sulle linee Eav (Cumana, Circumflegrea, Circumvesuviana) bisogna invece addirittura inviare una mail tre giorni prima del viaggio indicandone orari e stazioni di partenza e arrivo.

Il Pums, Piano della mobilità sostenibile

Mentre i progetti di piste ciclabili che verranno finanziati dal Pnrr non sono stati altro che un recupero di quanto era stato proposto negli anni passati, a quanto pare senza un vero criterio e una reale selezione, sul finire del 2023 la Città metropolitana di Napoli ha approvato definitivamente un documento importante per il futuro della mobilità in città ovvero il Pums, il Piano della mobilità sostenibile. Il suo fulcro è soprattutto lo sviluppo della linea metropolitana, ma denota poco più che un generico accenno alla mobilità dolce.

Fonte: Napoli today