L’orgoglio ciclistico è un atto politico. Quelli del Bike Pride lo rivendicano da dodici anni, compresi i tre di sosta per il Covid (nel 2022 si era ripreso a pedalare tutti insieme, a migliaia). Stavolta, nel giro largo dal Valentino al Valentino, scampanellando attraverso San Salvario, Santa Rita, Borgo San Paolo (a quanti santi devono votarsi i ciclisti, per tornare a casa ogni giorno sani e salvi ?), Cit Turin e Borgata Parella, i torinesi su due ruote chiedono che il limite dei 30 chilometri orari sia esteso a tutta la città. Questa la sfida, la scommessa, forse l’utopia. Ma intanto a Torino si continua a morire d’auto, investiti a piedi o in bici, e questo accade nella città più inquinata d’Italia.

Ormai il Bike Pride è un consolidato happening, ma attenti a non fermarsi al folclore. Perché, se può divertire il tizio in velocipede, col costume intero a righe orizzontali, se fanno tenerezza i cazzozzini con un paio di bimbi dentro, anche quelli dell’ex sindaca Chiara Appendino, incellofanati come sogliole felici, se non ci si può non commuovere con questo repertorio di oggetti recuperati direttamente da un eterno passato ( la pompa per gonfiare le gomme, il cavalletto, il portapacchi a molla), il messaggio non è il Carnevale, sebbene c’entri un po’ anche questo. « Chiediamo una città per tutti e non solo per le auto, abbiamo il sogno realizzabile di una mobilità più gentile » , spiega Milo Cuniberto, nuovo presidente del “Fiab Torino Bike Pride” ( questo il titolo esatto della manifestazione). «Il tema è la “Città 30”, e 30 sta per il limite di velocità ma non solo. Qui si tratta di sicurezza, ambiente e salute, nessun aspetto può essere separato dagli altri. A Torino le piste ciclabili sono aumentate, e questo è bene, però non basta: servono altri passi in avanti per quanto riguarda la sicurezza delle persone e i furti delle bici, ancora troppi. Chiediamo che aumenti il numero dei parcheggi anche di interscambio, quello di Porta Nuova sta funzionando bene. E c’è bisogno di insistere sulle strade scolastiche. Dobbiamo comunicare meglio con la città, per far capire chele pedonalizzazioni non sono il nemico assoluto. All’inizio, quasi nessuno è d’accordo, i commercianti specialmente. Poi, però, quasi tutti comprendono che si tratta di un vantaggio collettivo: meno smog, meno rumore, e case che aumentano di valore».

I campanelli hanno cominciato a trillare verso le due del pomeriggio, davanti all’Imbarchino. E tra il gazebo dei tesseramenti Fiab e quello delle magliette (quest’anno fucsia, con una scritta oggettivamente difficile da non condividere: “ Respirare, incontrarsi, stare bene”), le bici sono arrivate con ordine e in gran numero, e c’è stato posto per tutti, famiglie e single, giovani, anziani e bambini, loro proprio tanti, con le girandole sul manubrio come quando eravamopiccoli: si vede che certe cose sono senza tempo. Il ciclista eccentrico accanto al fighetto, il ruspante vicino al super accessoriato, le vecchie Bianchi e le Legnano, i risciò e i cani al seguito, le carrozzine e le bici elettriche, troppo facile così, però la usa pure Francesco Moser e allora vale tutto.

Prima che il gruppo cominciasse a sfilare in questa corsa lenta che davvero non è una gara, c’è stato anche il momento, diciamo così, istituzionale, con l’assessora Chiara Foglietta a raccontare che la città delle bicicletta è solo l’inizio: «Non abbiamo fatto abbastanza, soprattutto per la sicurezza. L’ultima vittima della strada, la sedicenne Emilia Maidaska investita sulle strisce, indica purtroppo che qui le automobili continuano aviaggiare troppo veloci. Da madre, prima che da amministratrice pubblica, chiedo ai i torinesi di andare più piano. E ai presidi rinnovo l’invito a chiederci di pedonalizzare le strade davanti alle scuole, dove questo sia possibile. Lo ripeto, la sicurezza prima di tutto. Ma anche l’ecologia e la sostenibilità».

Con i fondi del Pnrr verrà rifatto quasi per intero il parco dei mezzi pubblici, peccato che il recente aumento del biglietto non sia proprio un incentivo all’utilizzo di autobus e tram. Sia come sia, le bici chiedono per sé sempre più porzioni di città (e la città chiede loro un maggiore rispetto delle regole e dei sensi di marcia). L’orgoglio viaggia a passo d’uomo e beve acqua fresca dalla borraccia.

fonte: Repubblica Torino