
La mobilità dovrebbe essere un diritto e non un lusso. Eppure in Italia gli sforzi per ridurre l’uso dell’auto privata, i cui costi (acquisto e carburante) sono aumentati, sono ancora ostacolati da una limitata disponibilità del trasporto pubblico e una scarsa accessibilità ai servizi di prossimità. Ben tre italiani su dieci hanno dovuto, infatti, rinunciare negli ultimi anni a opportunità di lavoro (28%), di studio (17%), visite mediche (19%) o spostamenti per piacere e relazioni (25%).
Le città più colpite da una condizione di precarietà nella mobilità sono Napoli con il 34% dei cittadini che non sempre riesce a spostarsi e Roma con il 33%, mentre a metà strada si trova Torino, con il 28%. Invece, nelle città di Milano e Bologna, generalmente più benestanti e con un’elevata offerta di mobilità sostenibile ed elettrica, il livello di precarietà si attesta intorno al 20-21%.
Le cause sono soprattutto l’assenza di alternative all’uso dell’auto privata a causa della distanza dai servizi essenziali come le strutture scolastiche e mediche nelle vicinanze, così come le carenze dei trasporti pubblici, come la mancanza di fermate con orari poco convenienti, e l’assenza di servizi di sharing. Incidono anche le condizioni economiche delle famiglie, che rendono difficile sostenere i costi del carburante e le distanze eccessive senza alternative all’auto.
È quanto emerge in sintesi dalla terza edizione del rapporto dell’Osservatorio Stili di Mobilità, realizzato da Ipsos e Legambiente in collaborazione con Unrae, che analizza annualmente i comportamenti e le propensioni di mobilità degli italiani.
L’indagine è stata condotta su scala nazionale e nelle città di Milano, Torino, Bologna, Napoli e Roma, nell’ambito della Clean Cities Campaign.
Nel briefing “Win-win: 5 fast and fair solutions for cleaning up urban transport”, Clean Cities propone cinque soluzioni immediate che allevierebbero almeno in parte il problema della mobility poverty nelle città europee.
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