L’indiscrezione l’ha data per primo il settimanale tedesco Der Spiegel, ma l’hanno ripresa in molti: «dopo il 2035, anno che segnava il divieto tassativo di vendita di veicoli con motore benzina e diesel, i rappresentanti dell’Ue stanno valutando la possibilità di aprire il mercato anche alle auto ibride plug-in (ricaricabili, ndr) e alle elettriche dotate di range extender (veicoli elettrici con un piccolo motore ausiliario a benzina col solo scopo di ricaricare la batteria)».

Le ibride plug-in sono il «permettono di accostarsi alla mobilità a emissioni ridotte senza dover sottostare all’ansia da autonomia che ancora condiziona l’approccio di molti utenti alle vetture dotate della sola batteria». Visto che, dati di mercato alla mano, al momento i consumatori europei in generale e quelli italiani in particolare sono poco convinti del passaggio ai veicoli completamente elettrico, una retromarcia sulla messa al bando anche delle ibride ricaricabili può sembrare un’ottima idea. Ma lo è davvero? Simon Wright, che si occupa di industria per l’Economist, in una sua newsletter di pochi giorni fa ha scritto: «Le ibride di quel tipo rappresentano un’opzione più economica rispetto all’alimentazione a sola batteria e alleviano l’“ansia da autonomia” delle auto solo elettriche. Le vendite hanno registrato un’impennata. Tuttavia, potrebbero avere una breve durata. Con il continuo calo del prezzo delle batterie e il miglioramento delle infrastrutture di ricarica, le auto completamente elettriche diventeranno più economiche di quelle ibride o di quelle alimentate esclusivamente a benzina o diesel. Se a ciò si aggiunge l’esperienza di una guida quasi silenziosa, fluida e rapida, le elettriche pure vinceranno la gara anche senza le prestazioni di una supercar».

Tuttavia, una scelta delle genere per le case automobilistiche potrebbe alla lunga risultare svantaggioso rallentare troppo il passaggio ad auto completamente elettriche (Battery electric vehicles o Bev) già in avanzata fase di progetto, se non addirittura di lancio. Quanto al fatto che possa almeno consentire di tenersi al riparo, per qualche anno in più, dalla concorrenza cinese, meglio non farsi troppe illusioni. Già dopo la decisione di Bruxelles di imporre dazi alle «full electric» cinesi, in quanto pesantemente sussidiate dallo Stato per abbassarne in prezzi, case come Byd, Geely e Saic hanno incrementato le esportazioni verso l’Ue di ibride plug-in, non soggette ai dazi. Poi c’è il rischio, rallentando e facendo inversioni di marcia, di rimanere ancora più indietro sul fronte tecnologico.

«I veicoli elettrici cinesi non offrono solo prezzi più bassi hanno anche caratteristiche più interessanti. Lo stile e la tecnologia dei loro modelli 2025 mostrano la direzione che le automobili, nel loro complesso, potrebbero prendere.  L’SU7 Max, un nuovo veicolo elettrico di Xiaomi, meglio conosciuto come produttore di smartphone ed elettrodomestici, accelera come una supercar (da 0 a 100 km/h in 2,8 secondi) e ha un’autonomia di 800 km (497 miglia). Inoltre, permette di controllare a distanza, mentre si è in viaggio, tutti i dispositivi Xiaomi presenti a casa del conducente. Gli acquirenti cinesi di auto nuove, la cui età media si aggira intorno ai 35 anni (circa 20 anni in meno rispetto all’Europa), sono esperti di tecnologia e si aspettano che i veicoli siano dotati di funzioni allettanti. Le aziende cinesi stanno dando loro ciò che vogliono. Le case automobilistiche occidentali potrebbero non essere in grado di recuperare il ritardo».

Fonte: Corriere.it