Dopo un lavoro lungo tre anni, Torino ha predisposto le sue proposte per il contratto previsto dall’adesione alla Missione delle 100 città europee che si impegnano a raggiungere zero emissioni di CO2 nel 2030.
Per frenare i cambiamenti climatici, Palazzo Civico ha chiesto una mano dal Politecnico e ha costruito un piano — non ancora reso pubblico — per avviare la completa decarbonizzazione.
L’investimento necessario è indicato in 27,1 miliardi di euro. Cifra che considera tutte le politiche dell’action plan inserito nel Climate City Contract stilato. E restituisce l’ambizione dell’intero programma: avviare un «new deal» in versione sabauda.
Il piano per la neutralità climatica è stato inviato all’Europa per essere vagliato sperando di poter ricevere una parte dei potenziali 650 miliardi messi sul piatto dall’Unione per la transizione ecologica di cento città.
In linea con le richieste dell’Ue, per comporre il piano per azzerare le emissioni ci si è affidati a modelli matematici. E il primo passo è stato scattare le foto del presente. Basandosi sui dati 2019 pre-pandemici — quelli disponibili e in parte già migliorati —, si è calcolato l’inventario delle emissioni di anidride carbonica. Annualmente, ne produciamo 2.4 milioni di tonnellate. L’82 per cento è dovuta al settore residenziale, al terziario, all’industria e alle emissioni del trasporto privato. La Co2 è scaturita per il 33% dal consumo di gas naturale e per il 25% da quello del petrolio. Percentuali da riscrivere per migliorare la sostenibilità urbana dando così impulso alla decarbonizzazione.
Nello specifico, nel Climate City Contract si punta su una lista di «macro-azioni». Non degli interventi puntuali specifici, con un ambito e un impatto limitato, ma una vasta gamma di azioni su «larga scala». Sono una trentina. E hanno l’ambizione di avviare un cambiamento radicale dal punto di vista ambientale, ma anche economico, sociale e della tutela della salute.
La Torino 2030 a impatto zero dovrà passare dalla riqualificazione energetica degli edifici (residenziali, industriali e comunali), dall’ampliamento del teleriscaldamento, dall’efficientamento dell’illuminazione pubblica, dalla creazione di comunità energetiche, dall’installazione di pannelli fotovoltaici, dall’elettrificazione del parco veicolare privato e di Gtt, dalle nuove Ztl, dalla realizzazione della metro 2, dalla riduzione dei rifiuti, dall’installazione di sistemi di cattura del carbonio negli impianti del Gerbido e del riscaldamento, dalla forestazione urbana e dallo sviluppo di tetti verdi.
Considerando le 237 «micro-azioni» già in corso, come le pedonalizzazioni e la ristrutturazione delle scuole, nel contratto climatico si prevede una riduzione di 2 mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica all’anno.
Nel Climate City Contract, si spiega: «Si mira a costruire un “modello Torino” per il supporto scientifico alle città nel campo delle decisioni di politica energetica e ambientale».
Fonte: Corriere.it