I ciclisti fanno più infrazioni delle auto, quasi 6 volte tanto. Più di 3 mila multe per i primi e circa 600 per i secondi. Questo è quello che fotografano i numeri, in particolare per quel che riguarda le aree delle piste o corsie ciclabili. A dirlo sono i dati: da gennaio al 20 settembre le persone in sella ad una bici sono state multate 3286 volte dai vigili torinesi, 11 volte al giorno. Passano con il rosso, vanno sul marciapiede e trasportano animali nei cestelli. Sono le principali sanzioni che hanno colpito chi guida bici o monopattini. I principali «fuori legge» viaggiano in centro dove vengono staccati più di 160 verbali al mese.

Passiamo alle auto: le sanzioni (da gennaio a fine settembre 2024) per soste allo sbocco delle piste ciclabili o su passaggi per ciclisti sono state appena 577, circa 2 al giorno. La maggior parte, 247, all’interno della circoscrizione 5 (Borgo Vittoria, Madonna di Campagna, Lucento, Vallette) e 146 nella zona del centro città. Numeri bassi, anche rispetto all’anno precedente quando in 12 mesi le contravvenzioni, per questo tipo di infrazioni, avevano sfiorato le mille.

«Fa scalpore questa differenza di numeri, – commenta Diego Vezza, presidente della Consulta Mobilità Ciclistica e Moderazione Traffico – il fenomeno è diffuso ma non c’è la reale volontà di combatterlo. È fuori legge ma è un qualcosa di ampiamente tollerato. Sembra che ci sia una categoria tutelata: gli automobilisti in doppia fila, la malasosta non si è mai combattuta del tutto».

E invece ci sono zone e problemi precisi legati al parcheggio selvaggio, talmente diffuso da finire anche su Google Maps. «Si assiste quotidianamente – conclude Vezza – al parcheggio in corrispondenza di dehor, penso a corso Lecce e via Nizza. Davanti a bar, farmacie, dove c’è la sosta mordi e fuggi diciamo. Capisco sia difficile multare in quei casi perché l’auto non la piazzi sempre, magari resta 10 minuti. Il problema però esiste: si nota in particolare sulle zebrature che proteggono le ciclabili, gli incroci, in punti molto pericolosi».

Fonte: Corriere.it