«Non si capisce lo specifico comportamento lecito, possibile e doveroso che, qualora fosse stato tenuto, avrebbe impedito la verificazione dell’evento», se non «il divieto generalizzato di usare l’auto».

L’evento a cui fa riferimento il gup Roberto Ruscello sono le alte concentrazioni di Pm10 nell’aria al centrodelle accuse che la Procura ha rivolto a sette ex amministratori pubblici. Il procedimento riguardava l’ex presidente della Regione Sergio Chiamparino, l’ex sindaca Chiara Appendino e il suo predecessore Piero Fassino. E anche gli assessori che avevano la delega all’Ambiente: Alberto Unia, Stefania Giannuzzi, Enzo Lavolta e Alberto Valmaggia.

Il procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e il sostituto Gianfranco Colace contestavano il reato di inquinamento ambientale colposo. Agli ex amministratori (difesi, tra gli altri, dagli avvocati Fulvio e Nicola Gianaria, Alberto Mittone, Luigi Chiappero, Enrico Cairo, Mario Gebbia e Claudio Streri) era rimproverato di aver cagionato «abusivamente una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile dell’aria»: sono stati tutti prosciolti perché «il fatto non sussiste». Nelle motivazioni della sentenza, il giudice evidenzia che nel fascicolo non si «rinvengono elementi utili a stabilire con un minimo grado di certezza quali misure di segno diverso avrebbero portato a un contenimento dei livelli di concentrazione degli inquinanti al di sotto dei valori minimi».

L’unica misura che l’amministrazione avrebbe potuto adottare – si sottolinea – sarebbe stato «il divieto pressoché assoluto e generalizzato dell’utilizzo dei mezzi di trasporto a combustione». Tuttavia, «non può non considerarsi come l’adozione di simili misure, astrattamente idonee, presenti evidenti criticità rispetto alla tutela di altri interessi altrettanto meritevoli di attenzione» quali «la libertà di circolazione delle persone, la tutela dell’occupazione e delle attività economiche che vengono inevitabilmente pregiudicate dal blocco del traffico e misure analoghe»

 Nel documento si ricordano anche le analitiche indicazioni offerte dai pm e dirette alla riduzione dell’uso dell’auto: Ztl, zona 30, bike sharing e promozione del trasporto pubblico. Ma il giudice, nel sottolineare che «la progettazione e l’attuazione sono riservate alla competenza degli amministratori pubblici», evidenzia pure che la loro efficacia non può essere «obiettivamente misurata e apprezzata». «Banalmente – spiega – le scelte dei singoli rispetto ai propri spostamenti dipendono da una serie di fattori di diversa natura che possono solo in parte essere condizionati dalle politiche attuate dall’amministrazione»: ad esempio «potenziare i servizi pubblici di bike-sharing,salvo poi riscontrare una limitata adesione o criticità nella gestione al punto di doverne decretare la cessazione come in effetti avvenuto per il ToBike a causa del diffuso vandalismo».

fonte: Corriere.it