Ieri il Senato ha approvato la riforma Salvini del Codice della Strada.
Cinque cose da sapere, per chi si fosse perso le puntate precedenti:
- La riforma limita fortemente la possibilità per i sindaci di sviluppare infrastrutture ciclabili, di imporre zone a traffico limitato o a basse emissioni per ridurre l’inquinamento dell’aria, di controllare le infrazioni allo stesso Codice tramite autovelox e strumenti digitali.
- La riforma, anzi, se da un lato inasprisce le pene per chi guida sotto l’effetto di alcool o droghe (il 9% degli incidenti totali), le alleggerisce per chi viola le altre regole, per esempio invadendo la corsia preferenziale degli autobus oppure entrando in una ZTL o un’area pedonale senza averne titolo.
- Il testo approvato dal Senato è pressoché identico a quello presentato da Salvini. Nessuno degli emendamenti, molti e di sostanza, dell’opposizione sono stati accolti, e persino quelli della stessa maggioranza di governo sono stati trasformati in ordini del giorno (non vincolanti). Ancora una volta il governo Meloni impone con un colpo di mano un provvedimento, esautorando di fatto il Parlamento.
- La riforma è stata fortemente voluta da Matteo Salvini, che continua a raccontarla come la risposta alla persistenza di un elevato numero di morti e feriti sulle nostre strada. Se è una risposta, è sicuramente la risposta sbagliata: gli esperti e la società civile, a partire dai familiari delle vittime della strada, prevedono che le nuove regole faranno aumentare e non diminuire la violenza stradale.
- Nell’ultimo anno ci sono state mobilitazioni, raccolte firme, mail-bombing, incontri con i parlamentari di opposizione e maggioranza, audizioni parlamentari, petizioni (a proposito, l’ultima è qui, e ha già raccolto più di 15.000 firme in 48 ore). Attorno a queste mobilitazioni è nata una coalizione di 30 organizzazioni, con in prima fila le associazioni dei familiari delle vittime della strada, molte associazioni impegnate per la mobilità sostenibile e l’ambiente, e anche alcuni sindacati. Tra queste c’è anche Clean Cities, naturalmente, e buona parte della nostra rete italiana.
Cosa ne pensiamo?
Tutto il male possibile.
Si tratta di una riforma nata male, cavalcata da Salvini a fini elettorali , e che è stata portata avanti in sprezzo delle critiche circostanziate venute da ambientalisti, esperti e familiari delle vittime. Non solo: il ministro Salvini continua a ripetere che la riforma risponde ai desideri delle associazioni dei familiari delle vittime, e che tutti sono stati ascoltati.
Anche Clean Cities è stata “ascoltata”, cioè audita alla Camera e al Senato dalle commissioni competenti. Peccato che le aule fossero deserte, per queste audizioni, specialmente al Senato. Un po’ come dire a qualcuno: “Ti ascolto”, e poi uscire dalla stanza.
Le tre cose peggiori che fa questa legge sono:
- Limitare fortemente tutte le soluzioni per dare sicurezza a pedoni e ciclisti; ridurre la velocità in strada e quindi le probabilità che un incidente causi morti e feriti; limitare l’inquinamento dell’aria causato dai veicoli a diesel e benzina. Già dall’entrata in vigore non sarà più possibile realizzare una nuova ciclabile, una nuova ZTL o installare un autovelox su strade a velocità inferiore ai 50km/h.
- Legare le mani ai sindaci, cioè agli eletti che più sono vicini, anche fisicamente, ai propri territori e ai propri elettori, ai quali devono risposte. La riforma che porta il nome del leader dell’ex Lega Nord è quella che statalizza e centralizza le regole che governano le nostre strade. Altro che autonomia differenziata.
- Bloccare (quasi) tutto nell’attesa che il Ministero dei Trasporti emani dei decreti attuativi (che potrebbe non emanare mai o tra molti anni).
Che succede adesso?
La riforma Salvini, all’art. 35, prevede una delega al governo per la completa riscrittura del Codice della Strada del 1992, da farsi entro fine 2025.
Insomma, la battaglia non finisce qui.
Continueremo a farci sentire e a costruire alleanze, continueremo a lavorare per affermare una visione della mobilità urbana moderna, europea e attenta alle esigenze di tutti gli utenti della strada.
Per questo è essenziale non far calare l’attenzione e continuare a mobilitarsi.
Ecco tre step semplici per continuare a farsi sentire:
- Firmare la petizione, ancora attiva.
- Condividerla tra i propri cantatti e sui propri canali social, WhatsApp, mailing list (qui il kit di attivazione con tutto l’occorrente)
- Fare cultura della serena convivenza in strada, quando si guida, quando si va in bici o a piedi, quando si parla con qualcuno.